sábado, 12 de março de 2011

Primum non nocere


di Giampietro Baresi
PAROLE DEL SUD - marzo 2011


Scusate il latino. Ma una ragione c’è: riflettere su un principio.
Mi permetto di tradurre il facile latino di questo principio della dottrina tradizionale della medicina, risalente a Ippocrate e accolto nella dottrina morale della chiesa: «Per prima cosa, non nuocere, non pregiudicare, non fare del male».
Perché ricorro al latino? Per proteggere questa mia chiacchierata a ruota libera da chi fosse tentato di giudicarla come una delle tante interpretazioni rivoluzionarie di moderni cristiani inquieti.
Anche questa volta, è bene cominciare con il linguaggio dei fatti. Rimando all’episodio ricordato nella rubrica del mese scorso: mons Luís Flávio Cappio, vescovo di Barra (Bahia, Brasile), ha rifiutato l’offerta di 100mila dollari fattagli da imprenditori tedeschi, spiegando: «Sono soldi rubati agli operai e ai consumatori». Ritengo che abbia praticato, con lucidità e coraggio, proprio il principio “primum non nocere”. E cioé: non si può fare il bene con ciò che è stato tolto agli altri. Forse non tutti saranno d’accordo con il vescovo, vista anche la complessità dei rapporti personali e istituzionali del mondo economico. Ecco, allora, un episodio più casalingo, in cui l’applicazione del principio citato è piú facile da capire.
Il fatto ha avuto luogo in una delle 90 comunità della mia parrocchia. Era vicina la tradizionale festa del Patrono e i preparativi erano a buon punto, con l’allegra partecipazione di tutti. O meglio, di quasi tutti. Il fazendeiro della zona osservava l’andare delle cose con preoccupazione. C’era qualcosa di strano nell’aria: la gente non aveva mai tardato così tanto a chiedere il tradizionale vitellino, che lui ben volentieri e puntualmente donava.
Arrivata la vigilia, nessuno si è fatto vivo. Il ricco signore, allora, è andato di persona alla cappella e ha affrontato il responsabile della comunità: «Cosa aspettate a venire a prendere il vitellino che ho già separato dal resto della mandria?». La risposta è stata da infarto: «Non possiamo accettare il tuo vitellino. Perché non è tuo, ma del tuo vaquero che, alle prime ore del giorno, munge le vacche immerso nell’acqua fino alle ginocchia. Ecco perché è pieno di artrite. Il salario che riceve, poi, è una miseria. Il vitellino che hai preparato per la festa – cui dovresti aggiungerne molti altri – lo devi dare a lui».
Dopo aver vomitato tutta la sua bile sul malcapitato, il fazendeiro se n’è andato urlando: «Se continuate a dar retta a quei preti comunisti, finirete male!».
Non ha parlato a vanvera. Era bene informato. Ne aveva discusso a lungo con gli amici. A scandalizzarlo era la decisione presa dalla comunità cristiana di fare una radicale revisione, alla luce del Vangelo, di tutte le sue attività caritative. L’avevano denominata “Operazione Zaccheo”, in memoria del noto personaggio che incontriamo nel capitolo 19° del Vangelo di Luca. Ricordate? «Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: “Ecco, Signore, io dò la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto”» (v. 8).
Non so se qualche studioso abbia mai fatto una ricerca sulla pratica del principio “primum non nocere” nella storia della chiesa. In tempi recenti, non mi pare ci siano stati esempi di rilievo. Prova ne sono gli elogi rivolti a Benedetto XVI per la “grande novità” rappresentata dalla sua Lettera apostolica, in forma di motu proprio, per la prevenzione e il contrasto delle attività illegali in campo finanziario e monetario, datata 30 dicembre 2010, con la quale ha approvato l’emanazione per lo stato della Città del Vaticano di una legge che regolamenta la materia, stabilendo che le norme si applichino anche ai dicasteri della Curia romana e a tutti gli organismi ed enti dipendenti dalla Santa Sede. Chiara la precisazione del Papa: le nuove norme non rispondono solo a finalità di carattere tecnico e giuridico, ma anche e soprattutto a quel «dovere morale di trasparenza, onestà e responsabilità» ribadito dall’enciclica Caritas in veritate in riferimento all’economia, il cui «uso improprio costituisce oggi una minaccia alla pace giusta e duratura in ogni parte del mondo». Insomma: il Papa ha chiuso le porte a certi “benefattori della chiesa” inclini a fare il bene in cambio di agevolazioni finanziarie.
C’è da augurarsi che la commissione di altissimo livello che il Papa ha nominato per contrastare il dilagante secolarismo non si limiti a discorsi teorici, ma suggerisca iniziative concrete. Potrebbe iniziare proprio dal principio “primum non nocere”. Praticato su larga scala e a tutti i livelli, fornirebbe maggiore credibilità all’azione della chiesa, spesso vista come alleata di “benefattori” in debito con centinaia di milioni di poveri. Nel delineare questa coraggiosa iniziativa pastorale, la chiesa dell’America Latina potrebbe dare il suo prezioso contributo, con coraggiose testimonianze, nate soprattutto a partire dalla Conferenza di Medellín (1968), cioè da quella grande Pentecoste che ha inaugurato la “nuova evangelizzazione” nel subcontinente.



Nigrizia - 7/3/2011

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